Cellule adipose immortali : ecco perchè è difficile perdere peso

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CHI da sempre ha qualche chilo di troppo e non riesce a perderlo può mettersi l’animo in pace: le cellule adipose sono immortali. O meglio: muoiono, ma subito vengono rimpiazzate da altre dello stesso tipo. Una ricerca svedese pubblicata su Nature afferma, infatti, che il numero degli adipociti, ovvero le cellule di grasso, rimane costante nell’organismo di un adulto per tutta la vita.

Le cellule che muoiono vengono subito rimpiazzate. Secondo Kirsty Spalding, del Karolinska Institute di Stoccolma, che ha studiato campioni di grasso prelevati attraverso la liposuzione sia da persone grasse che magre, il numero degli adipociti rimarrebbe lo stesso anche in adulti che sono diventati magri dopo aver perso parecchi chili. Un risultato che lei e i suoi colleghi spiegano con il fatto che il livello di obesità è stabilito sia dalla combinazione tra il numero delle cellule di grasso e la loro grandezza, sia dallo stato degli adipociti, che nel corso della vita subiscono delle modificazioni a seconda della quantità di grasso assunta con il cibo.

“Questa scoperta – spiega Claudio Taboga, medico specialista di Endocrinologia presso il dipartimento di Nutrizione clinica dell’Ospedale di Udine – accorcia le distanze tra l’obesità cosiddetta ipertrofica, cioè dovuta all’aumento del volume cellulare, e quella iperplastica, cioè dovuta all’aumento del loro numero. Secondo questa ricerca, il substrato anatomico resterebbe invariato ed è questo il motivo per cui per certe persone è così difficile dimagrire. Ogni cellula occupa uno spazio ben preciso e quando ci sono problemi di numero è difficile ottenere perdite di peso significative, ma con un trattamento ad personam ci sono possibilità di miglioramento. Non dimentichiamo – conclude – che l’obesità non è mai una condizione unitaria, la tipizzazione del paziente è fondamentale”.

Secondo il professor Mauro Magnani, ordinario di Biochimica e direttore del Centro per le Biotecnologie dell’Università di Urbino, “bisogna lavorare a livello biochimico sull’accumulo di lipidi nelle cellule e sui meccanismi che regolano il loro metabolismo. Purtroppo dell’obesità precoce non si sa quasi nulla, ma questa scoperta potrà forse aiutare la scienza anche in questo senso”.Sebbene il numero degli adipociti rimanga costante durante tutta l’età adulta, ci troviamo di fronte, spiega la professoressa Spalding, ad un processo dinamico di morte e rinascita, in cui cellule grasse “vive” rimpiazzano quelle “morte” con un tasso del 10 per cento circa l’anno. Il numero di tali cellule nel nostro corpo resterebbe quindi sempre identico, anno dopo anno, dall’adolescenza all’età adulta. Una scoperta che fa pensare che la differenza del numero di cellule di grasso tra le persone obese e magre si stabilisca durante l’infanzia e rimanga tale per tutta la vita. Sfiancanti ore di palestra, diete dimagranti, pasti saltati e creme brucia-grassi: sarebbe perciò tutto inutile, o quasi.

La ricerca suggerisce però domande interessanti: cosa determina il numero di cellule grasse nel corpo di una persona? Quando esattamente si stabilizza questo numero? C’è un modo per intervenire e ridurre questa quantità? E si potrebbe tentare di far morire queste cellule prima che altre rinascano? La comunità scientifica americana si è subito dimostrata entusiasta della scoperta, cogliendone tutte le potenzialità. “Questa notizia apre la strada a un nuovo modo di guardare all’obesità – sintetizza Lester Salans, della scuola di medicina Mount Sinai di New York, mentre secondo Jeffrey S. Flier, ricercatore della Harvard Medical School, dietro di essa c’è “tutto un sistema che aspetta solo di essere esplorato”.

La scoperta è stata fatta studiando i livelli degli isotopi radioattivi trovati all’interno delle cellule di grasso di persone che hanno vissuto durante il breve periodo della “Guerra Fredda”, quando, tra il 1955 e il 1963, sono stati fatti diversi esperimenti nucleari. La prova che gli adipociti morti verrebbero sostituiti con altri nuovi è stata fornita dall’analisi dei tessuti di persone le cui cellule grasse si erano rinnovate prima di quel periodo. Queste persone avevano assorbito radioattività solo successivamente, dimostrando come le cellule fossero state ricostituite.

Già Jules Hirsch, della Rockefeller University di New York, aveva cercato di spiegare perché per certe persone fosse così complicato perdere peso, a differenza di altre, e le sue conclusioni si erano avvicinate molto a quelle dei suoi colleghi svedesi. Ma gli studi a un certo punto si arenarono. La domanda, allora come oggi, era comunque sempre la stessa: cosa regola questo processo? E c’è qualche possibilità di intervenire?

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